Interferenze
Michele Tajariol
I rapporti visivi innestati tra l’immagine (fotografica e non) e il lavoro dell’artista sembrano provenire da contesti estremamente distanti, sottoposti nel tempo a radicale trasformazione da farli sembrare al giorno d’oggi indissolubili e quasi indispensabili. L’immagine ci perviene con eredità storicizzata, narrativa, e in qualche modo ne siamo involontariamente assoggettati.
È in questa specie di convivenza che Raffaele Santillo avvia la sua ricerca tra pittura, immagini fotografiche e pagine di riviste illustrate (rapporto – necessità - linguaggio) costruendo così il proprio lessico, in cui la rincorsa alle immagini non diventa un semplice esercizio di stile, bensì una continua rilettura attraverso quella che la sua grammatica pittorica gli permette di tradurre. In questi termini, Raffaele Santillo non propone una ricerca sociale di tale dualismo, egli si limita volontariamente a indurre il rapporto necessario per la propria pittura.
Rapporto
Nel progetto Album, Raffaele Santillo avvia una ricerca su fotografie provenienti dalla quotidianità delle persone presenti nel luogo. Queste hanno consegnato – donato all’artista – alcune fotografie (scattate da loro stessi), contribuendo a creare la struttura per l’opera che verrà. Le persone coinvolte in questo progetto si sono avvicinate a uno sguardo estraneo, che trascina il loro ordinario verso l’identità di un’opera nuova.
Necessità
L’operazione che compie Raffaele Santillo attraverso le fotografie non è solo di rilettura. Egli ne ridefinisce il senso attraverso cancellature e negazioni dell’immagine, ridimensionamenti e manipolazioni dei soggetti; l’interferenza che si avvia tra rappresentazione e artista accelera la necessità di fare pittura e riconsegnare il vissuto al visivo. È segno di maturità espressiva quello di sbarazzarsi dell’immagine come reperto, oppure di affidare al feticcio tutta la propria ricerca artistica, o, ancora, di aggrapparsi all’esperienza sociale dell’interazione per assolvere il proprio dovere di artista. Raffaele Santillo ha scelto di raccogliere una sorta di eredità visiva e di trasportarla nella propria ricerca, affrontando anche quelli che sono i limiti e gli eccessi di una pittura che ha una precisa eredità grafica, riuscendo comunque a eluderla.
Linguaggio
Quella di Raffaele Santillo è una pittura fatta di ripensamenti, negazioni, fraintendimenti. Davanti ad alcune tele ci si può perdere nel cercare l’inizio di un corpo o l’espansione del paesaggio. Egli distribuisce livelli e sovrapposizioni cromatiche che si accostano e compongono un immaginario carico di attese. Soggetti e contesti si innestano l’uno con l’altro, emergendo e sprofondando nelle tenui tonalità. In queste tele la fotografia è un punto di partenza che mano a mano lascia spazio. Non c’è più una sotto struttura grafica che guida il lavoro, ma emerge l’esigenza di affrontare pittoricamente la costruzione della tela. Osservando le opere presenti in mostra, ci si potrebbe chiedere fino a dove la realtà fotografica prema sulla pittura, fino a che punto questa sia essenziale per accettare e decontestualizzare l’immaginario collettivo.
Testo realizzato in occasione della mostra 'Interferenze', a cura di Michele Tajariol, presso la Galleria Talenti, a Portobuffolè (Tv) dal 01/10/2016 al 27/11/2016.